di Ilaria Solaini
Avvenire – 30 ottobre 2019All’undicesimo giorno di attesa in mare per la nave Ocean Viking
attracca a Pozzallo, in Italia. 104 le persone a bordo, 70 andranno in Francia
o Germania
Disimbarco finito, le 104 le persone a bordo della nave Ocean Viking sono
diretti all’hotspot di Pozzallo. Quattro persone sono state portate
all’ospedale per dei controlli medici. Questa mattina la nave Ocean Viking era
attraccata al porto di Pozzallo, assegnatole alle 13 di martedì, dopo 10 giorni
di stallo in mare tra Malta e Lampedusa.
Dopo la notte di navigazione e trepidazione ad accogliere le 104 persone
soccorse e l’equipaggio di Sos Mediterranee e Medici Senza frontiere sulla
banchina di Pozzallo sono schierate le forze di polizia assieme ai medici e
volontari della Croce Rossa Italiana. Presente la Protezione civile e alcuni
rappresentanti dell’Alto Commissariato per i rifugiati (Acnur).
Ieri alla parola “Italy” erano scoppiate le grida di gioia, i balli
d’euforia, gli abbracci di gratitudine, i sorrisi che riempivano gli sguardi,
ma anche le lacrime. Quelle che si provano a tenere nascoste, ma rigano i visi
di alcuni. E per altri scendono copiose e fanno tremare tutto il corpo per la
tensione accumulata in dieci giorni in balia delle onde, senza la possibilità
di avvisare le proprie famiglie, senza sapere cosa realmente stesse succedendo,
ma solo con un’istintiva fiducia verso chi ti ha teso la mano in mare.
Sono le 13 circa quando sulla plancia di comando della nave Ocean Viking arriva
la conferma ufficiale dalla centrale di coordinamento e soccorso di Roma,
l’Mrcc che dà istruzioni di raggiungere il porto di Pozzallo, dove si dovrebbe
arrivare di buon’ora mercoledì mattina.
Nel corso della mattinata erano arrivati i primissimi segnali che lasciavano
presagire una possibile soluzione per il disimbarco delle 104 persone soccorse
venerdì 18 ottobre. Da qualche giorno le condizioni psico-fisiche dei naufraghi
salvati iniziavano a deteriorarsi: è la mente che giocava brutti scherzi,
tenendo molte delle persone soccorse in ostaggio di incubi e traumi di mesi,
anni nei lager libici, di ore di violenze subite o a cui si è dovuto
necessariamente assistere. E poi c’era il mal di mare, le nausee e il cibo che
non è mai mancato, ma che non ha quel sapore di casa: tutte motivazioni valide
a giustificare un clima di impazienza e nervosismo che si era iniziato a
respirare negli ultimi due giorni.
L’ago della bilancia è stato l’incontro di Monaco. Dove il ministro
dell’Interno italiano, Luciana Lamorgese ha incontrato i ministri francese e
tedesco con la medesima delega e insieme hanno trovato un accordo per la
redistribuzione tra i tre Paesi europei, di circa 65 persone per ciascuno.
Oltre alle 104 a bordo della nave Ocean Viking, rimaste in attesa tra Malta e
Lampedusa dal 20 ottobre, vengono coinvolte nel meccanismo di redistribuzione
anche le altre 91 sulla Alan Kurdi che però non ha ancora ricevuto un porto per
l’approdo. Va ricordato che sabato 26 ottobre la nave di SeaEye aveva dovuto
affrontare un soccorso ad alta tensione con la presenza di due motoscafi
libici, di cui uno era armato (peraltro oggi il quotidiano tedesco Faz ha
diffuso il video in esclusiva, ndr). “Abbiamo bisogno di soluzioni
permanenti come discusso al G6 a Monaco di Baviera” ha commentato il
commissario europeo Dimitris Avramopoulos dopo l’accordo tra Italia, Francia e
Germania.
Intorno alle 11 era arrivata a bordo della Ocean Viking una prima telefonata
dall’ufficiale di comando dell’Mrcc di Roma, la centrale di coordinamento e
soccorso di Roma per chiedere conferma di quanti fossero le persone soccorse e
la composizione delle famiglie. Dopo giorni in cui le comunicazioni ufficiali
latitavano, quella chiamata era stato il segnale che lo stallo della Ocean
Viking stesse per terminare; ma nelle medesime ore sulla plancia di comando si
seguiva con l’angoscia di chi non può far nulla anche il ritrovamento di un
altro gommone grigio, di cui da 20 ore si erano perse le tracce in mare.
Per la prima volta stato avvistato lunedì alle 13.30 dal velivolo di Sea Watch,
Moonbird che aveva diramato le coordinate, avvisando le centrali marittime dei
Paesi più vicini che coordinano i soccorsi, La Valletta e Roma. Stando a quanto
riportato da Riccardo Gatti, direttore di Open Arms Italia: la cosiddetta
Guardia costiera della Libia aveva fatto sapere che il maltempo le avrebbe
impedito di andare a intercettare l’imbarcazione in distress a circa 45 miglia
dalle coste libiche. O forse erano troppi pochi a bordo per andarli a
riprendere? Nessuna risposta, invece, era stata fornita lunedì dalle autorità
italiane e maltesi che avrebbero potuto chiedere l’intervento di alcuni
mercantili che si trovavano vicini al gommone all’orario dell’avvistamento. Ma
nulla da fare, l’unica a muoversi era stata la nave Open Arms che si stava
dirigendo verso l’Italia per il cambio di equipaggio, dopo il soccorso di 43
persone di sabato notte e dopo aver ricevuto l’ok al trasbordo su una nave militare
maltese. Ma pur trovandosi a 150 miglia marine dalle coordinate fornite da
Moonbird, la nave spagnola aveva invertito la rotta e dall’alba di ieri stava
pattugliando al limite della cosiddetta Sar della Libia, nelle acque della Sar
maltese, coadiuvata dall’alto del cielo dal biplano Moonbird. Solo grazie al
secondo avvistamento dal cielo, sempre dei piloti di SeaWatch, e al lavoro di
squadra con la Ong Open Arms le 15 persone a bordo del gommone oramai sgonfio e
alla deriva nella Sar maltese sono state portate in salvo sulla nave spagnola.
Va detto che per la Open Arms potrebbe aprirsi un nuovo caso di blocco in mare:
l’Mrcc di Roma ha fatto sapere che il soccorso è di competenza di Malta,
essendo avvenuto nella Sar maltese, mentre i maltesi alla richiesta di un porto
di approdo hanno risposto che, a loro avviso, il gommone non andava soccorso
perché in grado di proseguire fino a Lampedusa. I cedimenti di questi gommoni
sono imprevedibili e a bordo erano presenti 7 minori, tra cui due neonati e due
donne.