di Nello Scavo
Avvenire – 23 agosto 2019
L’arcivescovo Lorefice all’equipaggio della Mare Jonio: «Scriviamo pagine belle
di vita, di incontri, di amicizia, di solidarietà, scritte con cuori rimasti
umani, ispirati dall’umanità bella di Gesù»
Nel porto di Licata tutto era pronto da
giorni. Nonostante la Alex, la barca a vela che aveva salvato il mese scorso 59
persone sia ancora ferma in attesa di ottenere il dissequestro, sulla Mare
Jonio i volontari di Mediterranea hanno lavorato per settimane come
se dovessero partire da un istante all’altro. Nessuno avrebbe potuto prevedere
che la ripartenza avvenisse con un governo in crisi, spaccato anche sul tema
dei “porti chiusi”. E ieri, quando le autorità hanno confermato l’esito
positivo dell’ultima ispezione, è cominciata la settima operazione “Rescue
Med”. Direzione Libia, dove si ripetono notizie di stragi e naufragi senza che
in zona sia rimasto nessuno a salvare i migranti e i libici che scappano da un
Paese precipitato nella guerra.
Alcuni giorni fa, per la prima volta, la
cosiddetta Guardia costiera di Tripoli ha dichiarato che i migranti catturati
in mare non vengono più messi nelle mani del Dipartimento antitrafficanti, che
regolarmente rinchiudeva gli stranieri nelle prigioni all’interno delle quali,
secondo l’Onu e secondo centinaia di referti sanitari, avvengono “orrori
indicibili”. Nessuno, però, sa dove vengono reclusi adesso e in quali
condizioni.
Mare Jonio, il rimorchiatore adattato a
interventi di assistenza, è stato dissequestrato a inizio agosto dalla procura
di Agrigento, che a carico dell’equipaggio non ha ravvisato comportamenti
illegali. Insieme alla “Jonio” c’è anche la barca a vela “Matteo S.”, dei
volontari di “Lifeline”, l’Ong tedesca che collabora a questa missione e che in
mare ha anche la “Sebastián K.”. Due imbarcazioni ribattezzate evocando Salvini
e Kurtz, la coppia di leader europei più ostili ai salvataggi in mare. Con loro
anche un’altra barca a vela ma con bandiera polacca, quasi a completare e
ribaltare la rappresentanza dell’Asse di Visegrad, il controverso patto
sovranista delle “frontiere chiuse” nell’Unione Europea.
A bordo della Jonio, però, sono arrivati a
sorpresa i messaggi di alcuni vescovi che incoraggiano la missione. “Sentitemi
uno di voi, con voi”, ha scritto Corrado Lorefice che ha trasmesso il suo
incoraggiamento attraverso il capo missione Luca Casarini. «Mentre siamo
sommersi da questo mare di indifferenza e di aggressività – si legge nel testo
dell’arcivescovo di Palermo -, di odio e di livore, di individualismo e di
arroganza, scriviamo pagine belle vita, di incontri, di amicizia, di
solidarietà, di amore, scritte con cuori rimasti umani, ispirati dall’umanità
bella di Gesù». Nell’accorata lettera, il presule siciliano ricorda che «tutti,
ogni uomo e donna, è mio, nostro, fratello. Ogni uomo e ogni donna di ogni
cultura e continente ha la mia stessa dignità, il mio stesso valore». Perciò
Lorefice dice «grazie per quello che siete, per il vostro coraggio, perché
amate!». Nel suo ruolo di pastore don Corrado, come preferisce farsi chiamare
dai volontari che ha incontrato e conosciuto, suggerisce di leggere durante la
missione alcuni passi del Vangelo di Giovanni. E così sta avvenendo: “Come ho
fatto io, così fate anche voi”.
L’equipaggio di Mediterranea, giunto alla
settima missione, è composto da veterani del salvataggio. Questa mattina al
largo di Lampedusa la nave umanitaria italiana ha incrociato la Ocean Viking,
con 350 migranti a bordo in attesa di un porto di sbarco.
Le notizie che arrivano da Tripoli, del resto, non sono incoraggianti. Il
generale Haftar spinge le sue fazioni a ridosso delle zone ancora controllate
dal governo del premier Sarraj e sulla costa la situazione è oramai fuori
controllo. I combattimenti infuriano in varie regioni e si hanno notizie di
centinaia di sfollati, che si aggiungono ai migranti abbandonati a sé stessi o
reclusi nei campi di prigionia degli scafisti.
Durante la navigazione notturna anche il vescovo di Cefalù ha voluto esprimere
vicinanza e amicizia a Mediterranea con un messaggio che ha commosso
l’equipaggio: «L’umile e vero devoto popolo siciliano ha inventato il titolo
mariano di Porto Salvo per invocare l’aiuto della Vergine Madre Maria verso
tutti i naviganti. A lei – è l’invocazione di Marciante – rivolgo la nostra
preghiera perché il cuore dei credenti italiani sia un porto aperto e sicuro
per tutti i naufraghi e per i loro soccorritori».
«Grazie ai membri della “Mar Jonio” per il loro ritorno in mare – scrive invece
don Luigi Ciotti – . Un gesto che afferma una verità oggi troppo spesso
dimenticata o calpestata: le leggi devono garantire la giustizia, non il
potere. E la giustizia comincia dalla tutela delle persone più deboli, a
maggior ragione se vittime.
I migranti rischiano la vita per disperazione, una disperazione su cui
l’Occidente deve interrogarsi, essendone in gran parte responsabile. Chi lo fa
senza sconti, come gli amici della “Mar Jonio”, e non resta indifferente a
quelle grida di soccorso, a quelle vite sballottate dalle onde, rappresenta la
parte migliore del nostro Paese e di un’Europa fedele alla sua tradizione
umanistica, antica culla di civiltà e di progresso».
Pax Christi alla Mare Jonio: siamo con voi
Questo il messaggio che il vescovo Giovanni Ricchiuti, presidente di Pax
Christi Italia ha inviato alle persona che sono sulla Mare Jonio:
“Carissime amiche e amici della nave Ionio Mediterranea, che dirvi? Siamo
con voi. Lo dico a nome mio personale e a nome di Pax Christi. Salvare vite è
un valore in sé, grande, indiscutibile. Grazie per il vostro impegno a tenere
accesa la speranza in un mondo più umano. Non ci sono tante parole da dire…
Abbiamo bisogno di gesti che indichino la rotta della pace, della giustizia,
della equità e della umanità. Non si può pensare a voi, alla vostra nave e alle
persone che potrete salvare senza pensare ad altre navi cariche invece di
‘cose’ che arricchiscono noi Occidente opulento: Coltan, oro, diamanti,
petrolio, ecc. E come non pensare alle navi cariche di armi che, lo speriamo,
la smettano di rifornire di bombe, spesso made in Italy, diversi Paesi in
guerra? E come non pensare ad altri navi che invece ‘servono’ alla guerra. Da
poco è stata varata la Nave Trieste, 1.100 milioni di Euro il costo. Per una
spesa militare che, solo per l’Italia, è di 25 miliardi di € all’anno. Vale a
dire 40.000 € al minuto! E in questi giorni non mancano le parole, anche
offensive, nei vostri riguardi e nei confronti di chi salva la vita in mare.
Invece non abbiamo sentito nessuna parola, anche da chi sta discutendo sul
vecchio o nuovo Governo, che vada nella direzione della riduzione delle spese
per la guerra, per fermare il rischio nucleare, una minaccia reale per
l’umanità. Per alcuni, forse anche all’interno della Chiesa, siete più
pericolosi e dannosi voi rispetto alla guerra.